Filosofia negli Istituti tecnici. Lettera

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Inviata da Francesco Bussi, Dirigente scolastico in quiescenza – La lettura su Orizzonte Scuola di una selezione delle riflessioni pro o contro l’introduzione della filosofia negli Istituti tecnici, ammesso che sia rappresentativa del dibattito, lascia in ombra le questioni per me centrali.

Prima proposizione: a insegnare Filosofia non possono essere laureati in filosofia che non sappiano maneggiare un alto livello di logica, matematica, fisica, chimica e informatica, ecc. almeno!

Ciò sarebbe necessario anche per insegnare filosofia nei licei, ma tanto lì vanno tutti ad acquisire un po’ di formazione generica, la specializzazione avverrà dopo.

In Istituto tecnico no! Lì gli allievi hanno, a mio parere il diritto di conoscere gli aspetti critici delle discipline e devono avere l’occasione di rifletterci su, anche in termini filosofici.

Ma non con le chiacchiere della Storia della Filosofia. La Filosofia quanto piuttosto con i connotati della storia della scienza e della penetrazione critica dei contenuti di fisica, meccanica, elettrotecnica, elettronica, informatica che sono loro proposti, ecc.

Seconda proposizione: la Filosofia si può insegnare se si fa una didattica fortemente integrata! C’è bisogno, dunque, di ingegneri che sappiano trasformare gli snodi dei loro calcoli in competenza critica, da applicare in contesti di altre discipline o meglio in altre situazioni in cui ci sono problemi da risolvere.
Se spacciano il calcolo come regolette da applicare, il filosofo non potrà agire.

Lo stesso vale per il docente di Economia che proponga i postulati del sistema economico capitalistico impliciti, come legge di natura. Il filosofo in questo caso serve a rappresentare la delicata trama di presupposti molto discutibili del sistema economico attuale. Potrebbe esercitarsi e far esercitare proficuamente su quali postulati mettere in discussione, per ridurre i problemi che tutti denunciano acriticamente oggi: crisi ambientale, diseguaglianze economiche e sociali, ecc.

Terza proposizione: non è legittimo togliere ancora ore alle materie tecniche e scientifiche.

Questa proposizione discende dalla assoluta faciloneria con cui si è accolta la Riforma Moratti e il D.lgs 226/2005 che dà forma a tutto il sistema scolastico. L’introduzione della filosofia, che si potrà fare concretamente, solo buttando dentro un po’ di filosofi di formazione umanistica, porterà a un ulteriore tassello all’impianto diciamo morattiano. Cioè con l’obiettivo di far diventare tutte le scuole Licei, lasciando tutta l’Istruzione e formazione professionale alle Regioni, con la dominanza degli enti formativi privati a cui delegare tutta la formazione dei cittadini che si vorrebbero di “serie B.”
Lo dico a mo’ di scongiuro, ma credo che prima di morire mi toccherà rivedere gli sbocchi universitari chiusi ai diplomati degli attuali Istituti professionali.

La sottrazione di insegnamenti tecnici e scientifici nei tecnici e nei professionali ha un unico fine, ridurre lo spazio di intervento dello stato nell’istruzione tecnica e professionale e aumentare quello delle Regioni e delle clientele private.

Aumentare il tasso di insegnamenti professionali e tecnici, in una dimensione critica, e non solo in quella addestrativa (per altro assolutamente necessaria!), sarebbe una ottima soluzione per avere tecnici e professionisti capaci di competenze di più alto livello.

Quanto alla funzione addestrativa vorrei far notare che, se per latino o greco questa viene attivata, molto meno si esplica con l’Italiano, nei Licei. Un insegnante tecnico pratico mostra come tenere la lima in officina, un docente di lettere non mostra quasi mai come scrive lui, se non nella formulazione astrusa dei temi da svolgere.

Quarta proposizione: tutto il sistema scolastico ha bisogno di una forte integrazione tra insegnamenti.

Qui non si dice nulla di nuovo, è un postulato ribadito da ogni riforma, ma disatteso costantemente. Non saprei dire quale sia il settore dell’istruzione con la maglia nera in questo senso. Ricordo solo un dato. Il Riordino dei Licei della Gelmini fu fatto con la massima disattenzione ai processi di sviluppo delle competenze e della personalizzazione degli insegnamenti. Fu un semplice ribadire l’impianto gentiliano, sottotraccia, però.

Mentre Gentile, infatti, si affidava al Docente che incarnava e rendeva vivo il sapere di cui era portatore, e quindi ridusse il “programma di studio” a quattro scarne righette, Bruschi si è sperticato in una elencazione minuziosissima di ogni possibile contenuto proponibile negli anni di liceo. Probabilmente la commissione presieduta da questo consulente del ministro Gelmini diffidava dei docenti e sapeva che doveva almeno fare il ripassino dell’indice ai laureati delle diverse materie: almeno andassero in internet a recuperarsi i contenuti da wikipedia.

Chissà chi porta la maglia nera della personalizzazione e dell’integrazione degli insegnamenti? Concesso questo piccolo sfogo alla mia anima inquieta, concludo la quarta proposizione, ricordando quanto è faticoso far entrare a scuola l’idea che i docenti hanno il compito di proporre insegnamenti adatti agli allievi concretamente presenti davanti a loro. E che questo è diverso dal soddisfare il loro desideri di cultori di una disciplina o, più spesso, di succubi delle conoscenze dell’autore del libro di testo. Lo dico con la consapevolezza di chi segue la formazione docenti dei professionali riformati nel 2017.
A ciò si lega poi l’immancabile nostalgia “di quanto eravamo bravi noi da giovani! Oggi, i ragazzi non hanno interessi!!”. Per parte mia posso dire di non essere stato un bravo studente. Forse questo mi ha salvato da un po’ di retorica retrò.

Conclusione molto provvisoria

Buona idea introdurre la filosofia nei tecnici e, perché no, nei professionali, ma questa deve entrare come dimensione critica sui saperi, prima di tutto, fatta dagli ingegneri, dai matematici, dai chimici, ecc. che si interrogano su come far interagire il sapere proposto con la maturazione delle competenze degli allievi.

La cosa non dovrebbe essere tanto diversa nel Licei, ma lì non metto più il becco.
L’insegnante specifico di filosofia dovrebbe avere la caratteristica di sapersi confrontare con i colleghi delle altre discipline tecniche e scientifiche, comprendendo a pieno ciò di cui questi parlano, ponendosi come ulteriore soggetto che snuda le radici dei saperi e fa apprezzare le direzioni assunte dai diversi rami.

È consapevole anche che le piante dei saperi, possono far nascere nuovi rami più in basso, più in profondità, prima dei postulati di ogni scienza, ripescando nel pensiero mitico, scalzando l’evidenza dei postulati, ma non in astratto, ma nella concretezza del lavoro con i ragazzi, per incontrare i ragazzi nella loro crescita in competenza di essere e agire nel mondo.
Non vorrei essere finito in uno sproloquio retorico. Se del caso, e se richiesto, proverò a dimostrare cosa significano le cose qui sostenute.

FONTE: https://www.orizzontescuola.it

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